L’acquisto di una casa destinata a costituire la “prima abitazione” è, con tutta evidenza, un evento di fondamentale importanza per ogni persona. Dal 1982 (tempo in cui venne emanata la c.d. legge “Formica”) molteplici sono stati gli interventi normativi in tema di agevolazioni tributarie.
Le agevolazioni previste dalla legge del registro (T.U. 131 del 1986) consistono nel poter fruire di un trattamento impositivo agevolato in sede di tassazione della compravendita immobiliare (secondo una nozione unitaria: cfr. Cass. Civ., Sez. V, 5691/2014).
Anzitutto la base imponibile sulla quale calcolare le imposte è costituita dal valore catastale del bene rivalutato da un coefficiente specifico, inferiore a quello ordinario (attualmente la rendita catastale moltiplicata per 116 invece che per 126 in riferimento agli altri immobili abitativi non destinati a prima abitazione).
L’imposta di registro è dovuta nella misura del 2%.
Secondariamente l’aliquota di tassazione risulta ridotta rispetto a quella ordinaria.
L’imposta di trascrizione è dovuta nella misura di euro 50 anzichè in misura proporzionale.
L’imposta catastale è dovuta parimenti in misura fissa di euro 50 anzichè in misura proporzionale.
Quanto riferito vale per gli atti che siano soggetti ad imposta di registro, dunque, con buona approssimazione, alle compravendita che intercorrano tra soggetti privati (ma si veda Cass. Civ., Sez. V, 14398/13 che ha sancito l’applicabilità delle agevolazioni anche alle sentenze dichiarative dell’intervenuta usucapione). Se la negoziazione si svolge tra un’impresa (costruttrice) ed un privato (acquirente), il discorso cambia. Infatti per chi professionalmente svolge attività di costruttore, vendere un appartamento equivale a vendere merce. Per tale motivo la vendita sarà assoggettata ad IVA. L’IVA (nella misura del 4% se l’acquisto fruisce di agevolazioni prima casa) verrà versata dall’acquirente direttamente nelle mani del venditore. In questa ipotesi in sede di rogito notarile, saranno dovute comunque le imposte fisse di registro, catasto e trascrizione (nella misura fissa di euro 200 per ciascun tributo).
Occorre a questo punto rammentare, sia pure in via di estrema sintesi, quali siano i requisiti che servono per poter fruire delle dette agevolazioni.
a) Anzitutto occorre che le parti ne abbiano invocato l’applicazione in sede di stipulazione dell’atto di acquisto. Nel predetto atto occorrerà inoltre che l’acquirente effettui le seguenti dichiarazioni:
b) di avere la propria residenza nel Comune in cui si trova l’immobile da acquistare nota1. In alternativa, di voler trasferire la propria residenza nel predetto Comune, ove si trova l’immobile acquistato, entro diciotto mesi a far tempo dalla data dell’atto. Non sarebbe sufficiente la dichiarazione di intento predetta: occorre poi che in concreto si provveda conformemente a detta manifestazione di volontà (Cass. Civ., Sez. V, 14413/2014). A tal fine fanno prova le risultanze anagrafiche (Cass. Civ., Sez. V, 1530/12). Irrilevante la “residenza di fatto”, altrimenti qualificabile più correttamente come dimora (Cass. Civ., Sez. Tributaria, 3384/13) nota2. E’ sufficiente che entro il termine sia stata introdotta la richiesta di trasferimento della residenza, anche se non ancora conseguita (Cass. Civ., Sez. VI-T, 110/2015) anche se è stato deciso come, nell’ipotesi di accertamento negativo susseguente, si determini comunque la revoca delle invocate agevolazioni (Cass. Civ., Sez. V, 2181/2015).
Cosa dire dell’ipotesi in cui l’acquirente non riesca a trasferire la propria residenza nel predetto termine per il sopraggiungere di eventi straordinari ed imprevedibili? E’ stato deciso al riguardo come possa essere invocata la forza maggiore per scongiurare la decadenza (cfr. Cass. Civ., Sez. V, 14399/13 in riferimento alla scoperta archeologica che abbia determinato la sospensione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile presso il quale l’acquirente avrebbe dovuto trasferire la propria residenza; cfr. anche Cass. Civ., Sez. V, 17442/2013, si pensi anche allo smottamento dell’area di sedime, cfr. Cass. Civ., Sez. VI-T, sent. n. 19247/2014). Non altrettanto, invece, nell’ipotesi di mancato perfezionamento dei lavori di costruzione del fabbricato acquistato (Cass. Civ., Sez. V, 7067/2014; contra, si veda tuttavia Cass. Civ., Sez. V, 18770/2014), nel caso di impossibilità di portare a termine lo sfratto del precedente inquilino (Cass. Civ., Sez. V, 13177/2014) nè in quello della separazione personale consensualmente intervenuta tra i coniugi acquirenti (Cass. Civ., Sez.VI T, 16082/2014).
c) che la porzione immobiliare in contratto non rientri nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 (prima del 1 gennaio 2014 occorreva invece attestare che l’immobile non avesse le caratteristiche di lusso secondo i criteri di cui al D.M. 2 agosto 1969(pubblicato su G.U. del 27 agosto 1969). Al riguardo basta che uno o più parametri conducano a riqualificare l’immobile come riconducibile anche in astratto a tali categorie per indurre l’amministrazione a negare le pure invocate avegolazioni (superficie superiore a 240 metri quadrati, esistenza di un terreno pertinenziale: cfr. Cass. Civ., Sez. VI-T, 3148/2015);
d) di non essere titolare esclusivo (o in comunione con il coniuge) dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile acquistato. A tal proposito giova osservare come non venga meno la possibilità di ottenere le agevolazioni se l’acquirente sia proprietario di una quota di un immobile (perchè, ad esempio, ricevuto per successione mortis causa insieme ad altri coeredi). Il criterio è quello della inidoneità a disporre del bene per fini abitativi. Così è stato deciso nel senso della spettanza della agevolazioni quando chi le invoca fosse già titolare di una quota esigua (nella specie il 5%) di altra abitazione nello stesso Comune in cui era stata acquistata l’unità abitativa (Cass. Civ., Sez. VI-T, 21289/2014).
e) di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione da essa parte acquirente acquistata con le agevolazioni di prima casa nota3. Cosa dire dell’ipotesi in cui uno dei coniugi, già acquirente di unità abitativa in comunione legale dei beni, abbia a separarsi legalmente ed a successivamente acquistare altra casa di abitazione nello stesso comune in cui si trova l’unità immobiliare precedentemente acquistata? Al quesito la S.C. ha dato risposta affermativa (Cass. Civ., Sez. V, 3931/2014), sostenendo la possibilità di fruire le agevolazioni fiscali. E’ stato osservato, in particolare, che la comunione legale si converte, per effetto della separazione, in comunione ordinaria, con la conseguenza che la contitolarità di una quota sul bene è analoga a quella di un immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative primarie.
In riferimento ai requisiti di un’abitazione “non di lusso” merita speciale attenzione la messa a fuoco delle prescrizioni di cui al riferito d.m. 2 agosto 1969. Uno dei criteri fondamentali è costituito dalla superficie utile dell’abitazione, la quale non deve eccedere i 240 metri quadrati ovvero se considerata alloggio padronale, i 200 metri quadrati. Possono essere esclusi da tale computo soltanto i balconi, i terrazzi, le cantine, i posti auto (sulle cui caratteristiche si veda Cass. Civ., Sez. V, 25161/13; Cass. Civ., Sez. VI-T, 23507/2014), le soffitte. Altri vani accessori devono invece esser computati, essendo irrilevante sia l’eventuale difetto di abitabilità o agibilità (Cass. Civ., Sez.V, 12942/13), sia l’abusività di una parte degli stessi (Cass. Civ., Sez.V, 12517/13). Ne segue che nel calcolo debba esser computato anche un semplice ripostiglio, quand’anche avesse caratteristiche analoghe ad una soffitta (quest’ultima invece testualmente esclusa, anche se non può essere considerato “soffitta” il sottotetto diventato in fatto fruibile come abitazione: cfr. Cass. Civ., Sez. VI-T, 26647/2014): si veda Cass. Civ., Sez. V, 17439/13. Analogamente si è fatto riferimento allo sdrucciolevole concetto di “utilizzabilità” e non di quello, tecnico, di agibilità, per il deposito annesso all’abitazione allo scopo di negare le agevolazioni (Cass. Civ., Sez. V, 25674/13).
La superficie da considerare è soltanto quella calpestabile o devono computarsi anche le mura perimetrali e quelle interne? Parrebbe che al quesito debba darsi quest’ultima risposta, prescindendosi cioè dal requisito della calpestabilità dell’area (Cass. Civ., Sez. V, 21287/13).
Le agevolazioni in parola spettino non soltanto per l’atto con il quale venga acquistata l’abitazione principale, ma anche quando, in un tempo successivo, venga acquisito ulteriore bene immobile pertinenziale rispetto ad essa, indipendentemente dalla categoria catastale (Cass. Civ., Sez. V, 6259/13).
L’immobile acquistato con le agevolazioni deve inoltre, ai fini del mantenimento delle stesse, non essere rivenduto se non una volta decorsi cinque anni, altrimenti incorrendo l’acquirente nella revoca delle agevolazioni stesse. Va tuttavia considerato come non sia considerato atto di alienazione volontaria la cessione dell’immobile in adempimento di una condizione inserita nell’atto di separazione personale tra coniugi (Cass. Civ., Sez. VI-T, ord. n. 3753/2014). Al contrario, la successiva pattuizione con cui le parti originarie vengano a determinare lo scioglimento del contratto di vendita, determinando la retrocessione del bene se effettuato prima del quinquennio determina la revoca delle agevolazioni ((Cass. Civ., Sez. VI-T, 791/2015).
E’ inoltre possibile che colui che ha acquistato un immobile fruendo delle agevolazioni in parola poi proceda a vendere l’immobile perchè, ad esempio, divenuto insufficiente per le esigenze della famiglia. In tal caso la legge consente che, nell’ipotesi di riacquisto entro un anno dalla vendita di ulteriore unità immobiliare sia consentito nuovamente fruire delle agevolazioni “prima casa” (sempre, almeno parrebbe, alle condizioni già citate. Circa la necessità, comunque, anche di una concreta attuazione del proposito di voler adibire l’immobile a propria prima casa: cfr. Cass. Civ., Sez. V, 22944/13, ma, in senso del tutto difforme, Cass. Civ., Sez. VI-T, 15617/2014). Non gioverebbe, tuttavia, ai fini del mantenimento delle agevolazioni già fruite, semplicemente perfezionare un semplice contratto preliminare inteso ad assicurare il riacquisto di nuova abitazione (Cass. Civ., Sez. VI-T, 17151/2014).
V’è poi da considerare un ulteriore rilevante aspetto connesso alla vendita della prima casa ed al successivo riacquisto della stessa: è possibile decontare dalle imposte quanto già versato in occasione del precedente acquisto. Non è invece praticabile invocare legittimamente le agevolazioni in parola in relazione all’acquisto di un’abitazione successivamente “trasformandola” in ufficio senza avervi mai trasferito la residenza (Cass. Civ., Sez. V, 14173/13).
La legislazione speciale talvolta nel passato ha previsto agevolazioni fiscali “prima casa” peculiari. Si pensi a quelle di cui all’art.5 della legge 168/1982 (che prescriveva la corresponsione delle imposte di registro/catasto/trascrizione in misura fissa in relazione alla vendita di unità immobiliari realizzate in attuazione di piani di recupero). Va da sè che la fruizione di tali agevolazioni ha quale presupposto l’intervenuta stipulazione della convenzione di recupero tra l’attuatore ed il Comune, ciò che costituisce l’antecedente logico per l’esecuzione dell’intervento edilizio (cfr. Cass. Civ., Sez. V, 25473/13).
Cosa accade nell’ipotesi in cui l’acquirente abbia dichiarato di possedere, ai fini del conseguimento delle agevolazioni, requisiti in effetti insussistenti? Al riguardo l’Agenzia delle Entrate dispone della potestà di condurre accertamenti (entro il termine di tre anni, prorogabile di ulteriori due: cfr. Cass. Civ., Sez. VI-T, 18391/13) all’esito dei quali eventualmente procedere al recupero delle imposte illegittimamente non corrisposte, maggiorate di una sovrattassa del 30% nonchè degli interessi di mora.
E’ anche possibile che si verifichi la decadenza dalle agevolazioni già richieste in sede di acquisto dell’immobile. A tal riguardo non è tuttavia il contribuente che deve denunziare la perdita dei requisiti. Il fisco ha la possibilità, entro tre anni dalla verificazione del fatto che ha determinato la perdita dei requisiti, di contestare l’evento procedendo al recupero della maggiore imposta, delle sovrattasse e degli interessi. Analogo principio è stato posto in tema di perdita dei requisiti (consistenti nella realizzazione dell’edificazione entro cinque anni dall’acquisto del terreno) per fruire delle agevolazioni di cui all’art.33 della legge 2000/380 per l’acquisizione di terreni poste in aree soggette a piani particolareggiati (Cass. Civ., Sez. VI-T, 27484/13).
E’ possibile rinunziare alle già fruite agevolazioni in relazione all’acquisto di un acquisto da tempo perfezionato (corrispondendo le relative imposte, sovrattasse ed interessi) allo scopo di comperare una nuova “prima casa”? Al quesito è stata data una risposta negativa (cfr. Cass. Civ., Sez. V, sent. n. 17294/2014). L’unica via è quella della cessione della precedente “prima casa” che venga rimpiazzata da altro immobile in relazione al cui acquisto si potrà nuovamente fruire delle dette agevolazioni, essendo escluso che si possa esercitare una sorta di jus poenitendi, ancorchè a pagamento
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